Per la cultura della Carnia. Un ricordo di Patrizia
Dino Zanier, Claudio Lorenzini

L’impegno di Patrizia Casanova (1953-2021) per la cultura della Carnia è stato ampio e duraturo. La sua prematura scomparsa ci ha privati non solo di un’amica tanto cara, ma di una protagonista del rinnovamento negli studi storici sulla montagna friulana.
Possiamo provare a delineare, sinteticamente, alcune delle tappe di questo suo percorso.

Innanzitutto, Patrizia ha avuto una rara attenzione al dato iconografico, fosse derivante dall’arte o dalla fotografia. È probabile che questa sua sensibilità sia germinata dall’esperienza col Centro regionale di catalogazione e restauro dei beni culturali, col quale negli anni Ottanta aveva intrapreso la schedatura del patrimonio storico-artistico del suo paese, Monai/Ravasclêt. Ma è certo che questa attenzione fosse maturata anche dalla sua tesi di laurea in materie letterarie ad indirizzo artistico, discussa presso l’Università degli Studi di Padova, per la quale aveva studiato la diffusione dello stile liberty ad Udine.

In Carnia, dove ha insegnato in diverse sedi nelle scuole medie e superiori, gli anni Novanta hanno rappresentato una fase particolarmente feconda di iniziative di studio, nelle quali Patrizia è stata parte attiva. Nel 1991, la discussa mostra Jacopo Linussio. Arte e impresa nel ’700 in Carnia aveva coagulato un gruppo di persone che, unite dalla volontà di superare gli stereotipi lì messi in esposizione, riuscì a impostare quegli interrogativi necessari sulla storia della Carnia per poter andare «‘oltre’ Linussio ed i suoi mitizzatori»; Patrizia era fra queste. In quel consesso, nacque e crebbe l’Associazione degli Amici dei Musei, che non a caso promosse e sviluppò progetti di ricerca sulla cultura materiale, paradossalmente uno degli aspetti meno rappresentati nel principale museo etnografico della montagna, il Museo Gortani di Tolmezzo.
Uno dei primi esempi di questa nuova traiettoria di ricerca, fu la mostra Fare farina (1992) che, utilizzando la schedatura sistematica del Mulin dal Flec di Illegio, evidenziò un fronte importante della cultura materiale in Carnia. Contestualmente cominciò uno dei suoi sforzi maggiori, ossia la schedatura della Farie dal Checo di Cercivento, un progetto di meticolosa ricostruzione filologica di un processo di lavorazione del tutto scomparso, che avrà per risvolto diverse pubblicazioni e la guida didattica Fuoco e ferro. Energia e lavoro nella Farie di Checo (1995). La Farie, trasformata in museo, ha poi avuto alterne fortune e vicende, e presto (speriamo) sarà riaperta di nuovo al pubblico.
Patrizia ha dedicato alla sua comunità diverse ricerche, la principale delle quali è stata la cura del libro Valcalda. Il tempo, i luoghi, le voci (1996). Progettato «nei primi anni Ottanta» – e pertanto a lungo pensato, rimuginato, arricchito – rappresenta un modello di studio di comunità, uno dei primi modernamente condotto sulla Carnia. Come spesso è stato per le sue ricerche, dal carattere anche discontinuo, quando concluse i suoi sforzi scrisse: «Questa è stata l’occasione per riprendere un lavoro interrotto, per approfondirlo, ampliarlo, per riannodare i fili di una storia».
Accanto ad un’attenzione costante riservata all’Archivio parrocchiale e comunale del suo paese, su Ravascletto si è concentrata per Il curato e il generale. Echi del Risorgimento in Carnia (2014), una precisa ricerca attorno all’iscrizione di Giuseppe Garibaldi alla pionieristica Scuola artistica domenicale di Ravascletto voluta da don Martino De Crignis, e La Panoramica delle Vette. Una strada, una storia (2013), libro e video che descrive un’opera realizzata contestualmente alla Grande guerra.
Alla fine del 1996, Patrizia partecipò al convegno Cramars. Emigrazione, mobilità, mestieri ambulanti dalla Carnia in età moderna contribuendo con un gioiello, Ritorni. Apporti culturali dai paesi tedeschi in alta Carnia tra Sei e Settecento, dove riuscì a coniugare le sue passioni principali: quella per la storia dell’arte e per la storia della cultura materiale. Molte evidenze materiali – la scultura lignea, l’oreficeria sacra, le forme delle case – raccontavano di innovazioni e prestiti con le terre tedesche e di scambi sui quali si sono create le condizioni per la crescita culturale, e non solo economica, della Carnia durante l’età moderna. Si tratta di un saggio molto attuale, che continua a generare altre ricerche.

Nelle sue tante attività, coniugando il suo mestiere alla sua sensibilità, è stata constante l’attenzione alla didattica, a come poter trasmettere le conoscenze acquisite ai ragazzi che ha incontrato quotidianamente per tanti anni, in Carnia e in Friuli, fin dalle prime sperimentazioni filmiche negli anni Settanta nella Scuola media sperimentale a tempo prolungato a Tolmezzo.

La capacità metodica di ricerca, di accumulo e di sapiente selezione e confronto dei dati, si evince particolarmente da uno dei suoi ultimi sforzi, ossia la mostra e il catalogo Planèles e scugjèles. La ceramica popolare in Carnia realizzata al Museo Gortani nel 2017. Si trattava della conclusione di una ricerca intrapresa negli anni Novanta, più volte interrotta a ripresa, nella quale è riuscita, fra le tante cose, a datare il passaggio dalla costruzione dei tetti in paglia e scandole a quelli in pianelle/planèles, che contraddistinguono soprattutto i suoi paesi di Gorto.

L’ultimo suo sforzo di ricerca è stato pubblicato postumo: Hotel Harry’s di Zovello. Una storia (2022), una attenta ricostruzione della storia dell’antica osteria Della Pietra trasformata negli anni in moderno e accogliente albergo, sempre dalla stessa famiglia, nella quale si intrecciano sapientemente le vicende locali con la storia dell’accoglienza turistica in Carnia.

Si può ben comprendere che un percorso così ricco sia figlio di un’attitudine propria di chi fa bene e al servizio di tutti, senza mai accontentarsi. C’era sempre, in Patrizia, qualche cosa da poter fare in più e di meglio e in tutti i suoi studi le porte aperte agli sviluppi ulteriori sono tantissime. Non è un’eredità da poco.

E, infine, crediamo che nel suo contributo alla sua terra vada ricordata anche l’attitudine alla radicalità e alla coerenza. Si tratta di qualità sempre più rare, poiché costa sacrificio e impegno farle proprie, quando si decide che val la pena testimoniarle con la propria persona.

Martignacco, 19 ottobre 2022

Patrizia Casanova: ricerca e memoria

Patrizia Casanova: ricerca e memoria