Riceviamo e pubblichiamo questo reportage che dice molto del difficile momento che stiamo vivendo.

Nella settimana di fine febbraio che ricordava l’anniversario dell’inizio della Guerra ucraino-russa, molte sono state le iniziative che hanno voluto riportare all’attenzione dell’opinione pubblica, la situazione tragica delle popolazioni che, all’interno dei confini dell’Ucraina o in tante altre parti del mondo, hanno trovato rifugio come profughi. Milioni, nel mondo, stanno vivendo con tanta rassegnazione e tristezza questo difficile momento.
Un piccolo gruppo di studenti delle superiori di Udine, in maggioranza provenienti da Martignacco ed accompagnati dal docente Picco Carlo, ha voluto compiere un vero e proprio ‘gesto di pace’ incontrando il gruppo di persone provenienti da varie parti dell’Ucraina che ha trovato, in questi mesi, ospitalità nella vecchia Canonica di Nogaredo di Prato. Con il permesso del Parroco e la disponibilità della Sig.ra Giovanna coordinatrice Caritas, che in questo periodo si è presa cura in prima persona dei particolari ospiti, abbiamo stabilito un appuntamento per poterci incontrare nella loro casa. Si tratta di alcune famiglie con o senza figli o, in un caso, in piacevole per quanto possibile, attesa.
In tutto il gruppetto di studenti l’attesa si è fatta via via sempre più carica di aspettative e di perplessità, in particolare per Andriy, nato in Friuli, ma figlio di una coppia emigrata nella nostra Regione proprio dall’Ucraina oltre vent’anni fa e che si è dimostrato fin da subito desideroso di essere in qualche modo, utile per il popolo delle sue radici. Un dolce pensiero (una voluminosa torta) che abbiamo voluto condividere con le famiglie ucraine della struttura, ha immediatamente tolto dai pensieri ogni difficoltà e la confidenza è scattata assieme ad una inaspettata allegria.

Dal diretto racconto fatto dai ragazzi, proponiamo ora alcuni passi.

Fin dalla prima domanda che gli abbiamo posto, abbiamo capito che una delle emozioni più forti che provano ormai da più di un anno è la paura. Un atteggiamento che lo abbiamo visto descritto anche sui loro volti, ma che probabilmente noi facciamo molta fatica a capire o ad immaginare nella sua capacità di destabilizzazione. Questo timore è iniziato fin dalla prima notte dei bombardamenti da parte dei russi, sulle città e villaggi dell’intera Ucraina, che a volte poteva durare alcuni minuti, altre ore ed ore e dove l’unica preoccupazione è stata quella di ripararsi in fretta per cercare di sfuggire alla morte. L’ansia diventava in quella situazione, ogni giorno più forte, e aggiunta alla precarietà dei rifugi ed alle inevitabili difficoltà di organizzare una vita sopportabile, li ha convinti, non senza tristezza e dolore, a cercare soluzioni più accettabili soprattutto per donne e bambini che in quella situazione si dimostravano i più vulnerabili. Hanno così accettato di lasciare tutto e cercare fuori dalla loro Nazione la possibilità di un acco0glienza seppur momentanea, ma che gli consentisse di sopravvivere. Lasciare la casa, il lavoro, le proprie abitudini, la propria città, ma soprattutto la propria famiglia ed affrontare un viaggio di tre giorni nell’incertezza quasi totale, in una terra sconosciuta non è certo stato facile ed in molti momenti, particolarmente all’inizio, lo sconforto dominava le loro giornate. Anche qui ora in Italia, la paura è la nota più presente nelle loro giornate, non temono nulla per la loro persona, anzi si sentono sicure e protette, ma la loro preoccupazione li fa stare in ansia per le incerte sorti dei loro familiari rimasti in Ucraina, chi a combattere in prima persona sui vari fronti della guerra, chi magari anziano, restio a lasciare la propria casa e le proprie cose è rimasto in balia di bombe, violenze e soprusi che la guerra porta come bagaglio in ogni parte del mondo. Ci hanno raccontato che in ogni caso sono contenti di essere qui e di aver ricevuto una così grande accoglienza. Sono consapevoli di essere più fortunati di tanti altri loro connazionali che però non sono riusciti a scappare. Vorrebbero tanto poter essere utili anche qui, ma si rendono conto che le difficoltà da superare, in particolare quelle linguistiche, sono enormi. Tra di loro c’è chi in patria faceva il medico in un ospedale, chi il ragioniere e sentirsi inutili, senza alcuna occupazione accresce in qualche modo il loro disagio. Il loro pensiero però, si rivolge anche a tutto ciò che di positivo hanno trovato in Italia, dal saluto che gli abitanti di Nogaredo, spesso con un sorriso ed una parola di simpatia, rivolgono a loro senza sosta, ai servizi essenziali come la scuola per i figli più piccoli, i farmaci e l’assistenza sanitaria, per tutto questo ed altro hanno espresso in continuazione riconoscenza e gratitudine…ma come per tutti casa è sempre casa e loro sperano il prima possibile di poterci ritornare.

Con questi ragazzi abbiamo voluto dare concretezza a gesti che spesso restano nascosti e vaghi, abbiamo voluto esprimere personalmente la vicinanza e affetto a persone che vivono in questo momento e nel nostro territorio, angoscia e smarrimento. La solidarietà è in definitiva e lo è stato per tutti noi in questa esperienza, un gesto molto concreto ma semplice e sincero che ne siamo certi, ha fatto molto bene agli ospiti di Nogaredo, ma soprattutto alle nostre dubbiose coscienze.

Aurora, Caterina, Andriy e Carlo.

Grazie ad Aurora, Caterina, Andriy e a Carlo per aver condiviso questa esperienza con noi.

Marzo 2023